S.Martire Emiliano di Durostorum

Quando Giuliano l’Apostata s’impadronì del potere imperiale,

dimenticò il bene ricevuto da S.Costantino il Grande, dsprezzò l’educazione cristiana che aveva ricevuto, sconvolse  l’ordine pubblico con la sua  tirannìa, bestemmiò Iddio impegnandosi a restaurare la religione pagana. Inviò dei Funzionari istruiti alla sua causa nelle diverse Provincie dell’Impero per costringere la popolazione a sottomettersi al suo proposito. Capitolino, Vicario della Tracia si recò per questo scopo a Durostorum, capitale della Scizia. Assiso in Tribunale, proferì minaccie di morte non solo verso i Cristiani ma anche verso coloro che non li denunciavano. Gli assistenti, spaventati, gridarono che non vi era alcun Cristiano nella loro città e che tutti gli abitanti sacrificavano agli dei dell’imperatore.. Soddisfatto e pieno di gioia, Capitolino prese parte a un banchetto preparato in suo onore. Mentre tutti erano pieni di allegrìa e di ebbrezza, un giovane e nobile Cristiano , Emiliano, non sopportando più  le offese fatte al vero Dio, e desideroso di ricevere il trofeo del martirio,s’introdusse nel tempio armato di un martello. Spezzò tutti gli idoli, buttò a terra i candelabri e distrusse gli altari sui quali erano state poste le offerte, sparse a terra il vino delle libagioni, poi si ritirò senza essere stato scoperto. Quando i servitori avvertirono Capitolino di quello che era successo, pieno d’ira ordinò di ricercare il colpevole di tanto scempio. I soldati non avendo trovato nssuno e terrorizzati del loro insuccesso, presero un contadino che ritornava dal suo campo lo bastonarono, e lo trascinarono al Pretorio. Testimone di questo spettacolo e non sopportando che un innocente venisse incolpato, Emiliano si presentò ai soldati dichiarandosi l’unico colpevole. Preso e portato davanti a Capitolino, il magistrato gli domandò chi fosse cosa aveva commesso. Emilano dichiarò che egli era nello stesso tempo schiavo e libero: schiavo di Dio e libero riguardo agli idoli e anche: “E’ l’amore verso Dio e lo zelo che provo per il Cristo, e la ripugnanza che mi procura la vista di statue inerti, che mi hanno convinto e mi hanno dato la forza di distruggere quello che è una vergogna per il genere umano. Perchè non c’è nulla più degradante per noi, che siamo stati dotati di ragione, adorare esseri inerti e di prosternarci davanti all’opera delle nostre mani, rigettando  l’onore dovuto al  nostro solo Dio e creatore!”. “Tu dunque hai commesso questo sacilegio?”, domandò il magistrato. Emiliano rispose che era fiero di quest’azione, come la più nobile e pia della sua vita. Capitolino ordinò di spogliarlo dei suoi vestiti, e di frustarlo violentemente. Dopo essere stato  steso a terra il Santo continuava a deridere il culto pagano e fattolo girare venne percosso sul petto. Apprendendo poi che Emiliano era figlio del Prefetto della città, Sabbazio, Capitolino dichiarò che la sua nobiltà non gli dava alcun vantaggio e che non gli avrebbe risparmiato alcun castigo. Il Santo rifiutò ogni vantaggio e chiese di essere castgato con la maggior severità, per non essere privato della corona della gloria. Accecato dal furore, Capitlino ordinò di sottoporre il martire a morire bruciato e impose al padre una pesante multa in oro. I soldati presero Emilano, lo condussero fuori della città e, sulle rive del Danubio,  prepararono il supplizio. Quando il martire fu buttato nel fuoco,le fiamme si riversarono sui carnefici che morirono inceneriti, mentre Emilano cantava lodi a Dio, come i giovani nella fornace di Babilonia. Fece il segno della Croce e si addormentò piamente per essere ricevuto nel consesso dei SS. Atleti di Cristo (18 luglio 362). La moglie di Capitolino che era segretamente cristiana, riuscì ad ottenere dal marito il corpo del martire che affidò a pii cristiani che andarono a seppellrlo a Gizidina, distante tre stadi da Durostorum.

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