S.Efrem il Siro

Efrem nacque attorno al 306, nella città di Nisibis, attuale Nusaybin (Turchia sud orientale), in Mesopotamia. Basandosi sulle sue opere si deduce che i suoi genitori facevano parte della crescente comunità cristiana della città.

In alcune agiografie si dice che suo padre era un sacerdote pagano che, visto il figlio convertito al cristianesimo, lo avrebbe cacciato di casa. Ai suoi tempi si parlavano molte lingue nella sua città natale, in particolare dialetti armeni. La comunità cristiana utilizzava invece il siriaco. A Nisibi erano presenti anche molti altri culti: oltre alle religioni pagane era presente anche una comunità di ebrei e alcune correnti eretiche della nascente chiesa cristiana, in particolare le comunità note come “Figli e Figlie del Patto[1], che cercavano di guadagnare nuovi proseliti. Quell’epoca fu contraddistinta da una grande tensione religiosa e politica. Nel 298 l’imperatore romano Diocleziano aveva stipulato un trattato con il re persiano sasanide Narseh (Narsī), con il quale aveva ottenuto il trasferimento della città sotto Roma. Questa annessione ebbe come conseguenza che la giovane comunità cristiana dovette subire la persecuzione romana: si ricordi la storia emblematica di Santa Febronia, membro di una delle comunità cristiane presenti nella città; il ricordo della stessa era perciò molto vivo nei cristiani durante la giovinezza di Efrem. Giacobbe, il primo vescovo di Nisibis, che venne nominato nel 308, partecipò nel 325 al Primo concilio di Nicea. Efrem venne battezzato all’età di 18 anni e quasi sicuramente entrò in un convento. Divenne diacono e il suo vescovo lo volle come professore (in siriano malp̄ānâ, titolo che è ancora molto diffuso presso la chiesa siriana). Compose inni e scrisse dei commentari biblici, nell’ambito delle sue mansioni educative. Nei suoi inni parla di sé come di un “pastorello” (`allānâ), chiama il suo vescovo “pastore” (rā`yâ) e indica la sua comunità (dayrâ) “gregge”. La tradizione vede in Efrem il fondatore della scuola di Nisibis, che nei secoli successivi fu il centro educativo della Chiesa d’oriente. Alla morte di Costantino I, nel 337, il sovrano persiano Sapore II cercò di approfittare della situazione per riconquistare la Mesopotamia romana con una serie di attacchi. Nisibi venne assediata a più riprese nel 338346 e 350. Efrem afferma che furono le preghiere del vescovo Giacobbe a salvare la città dal primo assedio. Poco dopo questo assedio respinto, il vescovo morì e gli succedette Babu. Durante l’ultimo assedio del 350, i persiani deviarono il fiume Migdonius per spallare le mura della città, mentre gli elefanti dei persiani caricavano: il terreno fangoso e molle frenò però la loro carica e gli assediati riuscirono a chiudere le falle apertesi nelle mura, salvandosi ancora una volta. Questo evento fu di nuovo visto dalla comunità cristiana come miracoloso e celebrato da Efrem in un inno dove compara la sua città all’Arca di Noè salva al disopra dell’inondazione.Il battistero di Nisibis, ancora visibile oggi, porta la data del 359: edificato sotto il vescovo Vologese, resta una viva testimonianza di quella comunità. In quell’anno Sapore II ricominciò a devastare la regione. Le città dei dintorni vennero una dopo l’altra distrutte e i loro abitanti uccisi o espulsi. La lotta di potere tra Costanzo II e Giuliano indebolì il fianco orientale. Alla morte del primo, Giuliano intraprese una campagna marciando con i suoi eserciti verso la Mesopotamia. Durante la campagna arrivò sino a Ctesifonte, ma, costretto alla ritirata, perse la vita e al suo posto venne nominato imperatore Gioviano, cristiano niceano. Egli fu costretto a concordare un armistizio con Sapore, per il quale Nisibis venne ceduta alla Persia con la clausola che la comunità cristiana potesse lasciare la città. Sotto il vescovo Abramo, successore di Vologese, la comunità partì in esilio.

Efrem dapprima si portò ad Amida, attuale Diyarbakır, e nel 363 si insediò definitivamente a Edessa, attuale Şanlıurfa. Efrem, allora sessantenne, si rimise al lavoro nella nuova comunità e sembra abbia continuato a insegnare, forse nella Scuola di Edessa. In questo nuovo ambiente operavano numerosi filosofi e religiosi rivali. Efrem ci informa che i cristiani di fede ortodossa venivano chiamati “palutiani“, dal nome di un vescovo precedente. Vi si trovavano anche arianimarcionistimanichei, seguaci di Bardesane e gnostici. Tutti proclamantisi la “vera chiesa”. Contro queste eresie Efrem compose numerosi inni: un autore siriaco tardivo, Giacomo di Serugh, scrive come Efrem facesse cantare questi inni da cori di voci femminili su arie di musica popolare siriana. Rimase fino alla fine dei suoi giorni in questa città, morendo di peste il 9 giugno 373.

Da Wikipedia

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