Sotto il regno del pio imperatore di Costantinopoli Giustino (verso il 523), il santo re Elesbaan regnava ad Axum sul regno di Etiopia. Il regno vicino era quello di Arabia (l’antica Saba e attuale Yemen) che era nella mani di un giudeo crudele e bellicoso, Dhù-Nowas, che non smetteva di infastidire con attacchi bellici il regno cristiano di Etiopia.
In seguito a brillanti vittorie Elesbaan era arrivato a sottomettere il re d’Arabia e a fargli pagare un tributo. Dopo qualche tempo tuttavia Dhù-Nowas riuscì a riorganizzare una potente armata e attaccava le città cristiane del suo regno, per sterminare tutti coloro che rifiutavano di rinnegare il Cristo e di rigettare la santa e vivificante Croce. Si diresse allora verso la città di Nedjran ( nello Yemen del Nord) città ricca e molto popolata, che era cristiana fin dal regno di Costanzo, figlio di Costantino il Grande (337-360). Alla guida della città e della regione siedeva un saggio e venerabiie anziano con una gran barba bianca, Arethas, rinomato per la sua virtù e rispettato da tutti. Dopo aver disposto 12.000 uomini per l’assedio, Dhù-Nowas, si mise a provocare i difensori della città, minacciandoli grandemente, promettendo loro di passarli a filo di spada, se non si arrendevano e non rinnegassero la loro fede. Ma le sue minacce caddero nel vuoto i difensori erano sempre più infiammati e desiderosi di spargere il loro sangue per Cristo. Temendo allora che l’assedio si prolungasse troppo con perdite importanti, egli decise di cambiar tattica. A forza di lusinghe e promesse mendaci, il furbo convinse i notabili a farlo entrare nella città con una piccola scorta, per una visita protocollare, in quanto sovrano della regione. Gli aprirono le porte, confidando nelle promesse e nella protezione di Dio. Affabile e sorridente, Dhù-Nowas, mostrò un’amabilità che non gli era usuale, lodando molto la città per la ricchezza dei suoi monumenti, la sua prosperità, e la concordia dei suoi abitanti. Mentre se ne andava invitò i notabili a visitare l’indomani il suo campo. Quando al mattino, si aprirono le porte per lasciar uscire i notabili, alla testa dei quali si trovava Arethas, Dhù-Nowas diede l’ordine di catturarli. Approfittando dell’emozione e della confusione che si erano impadroniti degli abitanti della città, i suoi soldati penetrarono in città e la occuparono in un batter d’occhio. Il tiranno se la prese anche col S.Vescovo Paolo morto due anni prima.Fece riaprire la sua tomba e ordinò di gettare nel fuoco il suo corpo. Fece in seguito bruciare vivi tutti i preti, chierici e monaci e monache della città, in numero di 427. Poi fece prendere 127 laici che offrirono la loro vita a Cristo, mediante la decapitazione. Dhù-Nowas fece anche portare davanti a lui, una ricca e nobile vedova, che cercava di convincere con promesse e poi con la minaccia di supplizi terribili. Vedendo la sua madre insultata dal tiranno e maltrattata dai suoi soldati, la figlia della nobile vedova si precipitò sul despota e gli sputò in faccia. Pieno di rabbia egli fece immediatamente tagliare la testa alla ragazza di soli 12 anni, e al colmo della crudeltà fece bere una coppa del suo sangue alla madre e la fece subito dopo decapitare. Il giorno dopo il tiranno assiso su un alto trono, fece comparire davanti a lui S.Arethas e i suoi 340 compagni. Arethas era così anziano e afflitto per i tormenti che si abbattevano sui suoi concittadini, che fu dovuto portare di peso davanti al giudice Malgrado la sua veneranda età egli mostrò davanti al re una sicurezza una bravura degna di un giovane guerriero. Con dolcezza e serenità, egli incoraggiava i suoi compagni ad accettare la via della perfezione mediante il martirio, ad offrirsi con gioia alla partecipazione alla Passione del Signore, per aver parte alla gioia eterna della sua Gloria. Ascoltando queste esortazioni il popolo versava calde lacrime e assicurava il santo che la carità che li aveva uniti in questa vita passeggera restava indissolubile fino alla morte, e che tutti erano pronti a ricevere la corona del martirio. Davanti alla loro ferma risoluzione il re abbandonò ogni altro tentativo di far loro rinnegare la fede e ordinò di decapitarli vicino al fiume. Dopo un’ultima preghiera, i martiri si scambiarono il bacio santo, come i preti che si preparano a celebrare il santo Sacrificio e il primo tra loro Arethas ebbe la testa tranciata. Gli altri si unsero piamente la fronte col sangue del martire e a loro volta vennero giustiziati. Una donna e il suo bambino di 3 anni arrivarono qualche istante dopo sul luogo dell’esecuzione,e si unsero con qualche goccia del sangue dei martiri. I soldati la catturarono e la portarono dal tiranno. Costui ordinò di bruciarla viva. Come un uccellino privato della sua madre, il bambino gridava di paura. Toccato dalla bellezza e dal fascino del piccolo, il re lo prese sulle sue ginocchia e tentò di consolarlo. Il suo stupore fu grande quando avendo domandato al bambino che cosa desiderava di più, sentì il piccolo farfugliare che voleva partecipare al supplizio di sua madre. “Ma che cosè il martirio?” gli domandò il re. “E’ morire per Cristo per rinascere di nuovo!”. “Ma tu sai chi è questo Cristo?”. “Vieni in chiesa e te lo mostrerò!” replicò il bambino con sicurezza. Niente poteva smuovere la decisione del bimbo, che pareva più saggio di un anziano.E quando vide che sua madre veniva gettata ne fuoco, egli si sciolse dall’abbraccio del tiranno, corse verso il rogo e, senza esitare, si gettò tra le fiamme, per ricongiungersi con la madre ed essere uniti in Cristo. Il rumore del massacro giunse alle orecchie di Giustino, il pio imperatore di Costantinopoli. Quindi egli scrisse al Patriarca di Alessandria, Asterio, se era possibile consigliare il re d’Etiopia Elesbaan a promuovere una spedizione contro il crudele Dhù-Nowas. Asterios riunì i monaci della Nitria e degli altri deserti, che digiunarono e celebrarono una veglia di preghiera per la riuscita della spedizione e la liberazione dei cristiani. Elesbaan temeva di non poter vincere e desiderava un segno da Dio. Allora si recò da un celebre eremita che viveva nel suo regno.Costui assicurò che per le preghiere e le lacrime dell’imperatore Giustino, del Patriarca di Alessandria e di tutti i monaci e delle sue proprie, Dio avrebbe consegnato l’empio nelle sue mani in modo così sicuro che gli comandò di prendere viveri solo per 20 giorni. L’armata cristiana combatté valorosamente e riconquistò rapidamente, con l’aiuto di Dio la città di Nedjran e la regione dell’Omerita. Il re Elesbaan, fu lo strumento della collera di Dio sui giudei e i nemici del cristianesimo. Si dovette eleggere un nuovo Vescovo per la città (S.Gregenzio) si riedificarono chiese con la fortuna che Arethas aveva lasciato, poi ritonò in pace nelle sue terre.