Sant’Ireneo di Lione (in greco, Είρηναῖος, Eírenaîos, “pacifico”; latino: Irenaeus; Smirne, 130; † Lione, 202) è stato un vescovo, teologo e martire greco. Padre della Chiesa occupa un posto preminente tra i teologi del II secolo. Considerato come il miglior espositore della dogmatica cattolica basata sulle scritture. In gioventù conobbe san Policarpo, vescovo di Smirne e discepolo di san Giovanni, nonché altri numerosi presbiteri tra cui Papia e Melitone di Sardi, immediati successori degli Apostoli, il che rendono importantissime le sue testimonianze dottrinali [1].
Biografia
Originario dell’Anatolia, crebbe in una famiglia cristiana. Si ignora quando Ireneo si sia trasferito in Occidente con altri missionari desiderosi di portare o di estendere la fede cristiana. Sappiamo soltanto che nel 177 o 178, durante la persecuzione scatenata da Marco Aurelio, egli si trovava a Lugdunum, oggi Lione, come presbitero di quella chiesa che il vescovo san Fotino aveva fondato.
I sopravvissuti a quella prima ondata di persecuzione in parte originari dell’Asia Minore come Ireneo, informati delle agitazioni prodotte dal movimento del neofita Mentano in Frigia, scrissero una lettera ai fratelli dell’Asia e un’altra a Papa Eleuterio per riconducesse la pace nelle comunità turbate dall’eresia che esigeva dai suoi aderenti maggior austerità, penitenza rigorosa per i peccati commessi dopo il Battesimo, digiuni severi e prolungati, rinunzia alle seconde nozze e prontezza assoluta al martirio[1].
Ireneo fu incaricato di portare la lettera a Roma. Probabilmente durante la sua assenza morì martire, nel 178, il quasi nonagenario Potino al quale egli successe per il grande influsso che esercitava in quell’importante centro religioso e politico dell’impero. Dell’attività del suo episcopato conosciamo soltanto la composizione degli scritti e la parte che egli svolse nella controversia della festa di Pasqua [2]
Ireneo lavorò pure per estendere il cristianesimo nelle province vicine a Lione, essendo l’unico vescovo della Chiesa dell’intera Gallia. Imparò le lingue dei barbari per evangelizzare le popolazioni celtiche e germaniche. Le chiese di Besançon e di Valence gli attribuiscono il primo annunzio del Vangelo. Tuttavia l’opera fondamentale di lui è costituita dallo studio di tutte le eresie per combatterle e assicurare il trionfo della fede.
Secondo la tradizione Ireneo avrebbe trovato la morte il 28 giugno del 202 o 203 in un massacro generale dei cristiani lionesi sotto l’imperatore Settimio Severo[1].
Pensiero e opere
Ireneo fu il primo teologo cristiano a tentare di elaborare una sintesi globale del cristianesimo.
Il suo pensiero e le sue opere furono direttamente influenzati da Policarpo, che fu a suo tempo discepolo diretto di San Giovanni Evangelista. Essi sono una testimonianza della tradizione apostolica, a quei tempi impegnata contro il proliferare di varie eresie, in particolare lo gnosticismo[3]
Nella sua opera principale Adversus haereses [4] (Contro le Eresie), scritta in greco, preziosa, non solo dal lato teologico in quanto mostra già formata la teoria sull’autorità dottrinale della Chiesa, ma anche dal lato storico, perché è ben documentata e porge un vivo quadro delle lotte contro il moltiplicarsi delle eresie. Senza trascurare la teologia razionale, Ireneo confuta i diversi sistemi gnostici basandosi sulla ragione, sui detti del Signore, dei profeti e in modo speciale sull’insegnamento degli Apostoli.
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La tradizione apostolica è manifesta nel mondo intero; non c’è che da contemplarla in ogni chiesa per chiunque vuole vedere la verità. Noi possiamo enumerare i vescovi che sono stati istituiti dagli Apostoli, e i loro successori fino a noi: essi non hanno insegnato nulla, conosciuto nulla che rassomigliasse a queste follie… Essi esigevano perfezione assoluta, irreprensibile, da coloro che succedevano loro e ai quali affidavano, al loro posto, il compito d’insegnare… Sarebbe troppo lungo enumerare i successori degli Apostoli in tutte le Chiese; ci occuperemo soltanto della maggiore e più antica, conosciuta da tutti, della chiesa fondata e costituita a Roma dai due gloriosissimi Apostoli Pietro e Paolo; noi mostreremo che la tradizione che ricevette dagli Apostoli e la fede che ha annunciato agli uomini sono pervenute fino a noi per mezzo delle regolari successioni dei vescovi… E con questa Chiesa Romana, a motivo dell’autorità della sua origine, che dev’essere d’accordo tutta la Chiesa, cioè tutti i fedeli venuti da ogni parte; ed è in essa che tutti questi fedeli hanno conservato la tradizione apostolica” (Adv. Haer., 1. III, c. III, 1-2). » |
Per la prima volta, negli scritti della Chiesa, viene introdotto il principio della successione apostolica per confutare gli eretici. Ireneo indica pertanto la rete della successione apostolica come garanzia del perseverare nella parola del Signore e si concentra poi su quella Chiesa somma ed antichissima ed a tutti nota che è stata fondata e costituita in Roma dai gloriosissimi Apostoli Pietro e Paolo, dando rilievo alla Tradizione della fede, che in essa giunge fino a noi dagli Apostoli mediante le successioni dei vescovi. In tal modo la successione episcopale della Chiesa di Roma diviene il segno, il criterio e la garanzia della trasmissione ininterrotta della fede apostolica.
La successione apostolica – verificata sulla base della comunione con quella della Chiesa di Roma – è dunque il criterio della permanenza delle singole Chiese nella Tradizione della comune fede apostolica, che attraverso questo canale è potuta giungere fino a noi dalle origini
Ireneo ha scritto pure un libriccino intitolato Demonstratio apostolicae praedicationis [5] (Dimostrazione della predicazione apostolica), scoperto nel 1904 in traduzione armena. È un’apologia delle principali verità cristiane basate sull’adempimento delle profezie dell’Antico Testamento[1].